Introduzione al libro di Don Giosuè

Introduzione

            Scritto a forma di romanzo, ci si potrebbe chiedere se sia effettivamente un romanzo. Benché il genere letterario tenda ad allungare la già folta tipologia dei romanzi, siamo difronte a un “romanzo” certamente diverso, per molti aspetti anche speciale.

            Racconta di una storia fatta di giorni e persone che vivono la loro vita fra le solite quotidiane difficoltà e attese, ma in un tempo diverso: dentro un’epidemia che pone tanti interrogativi e sembra non dare tregua, eppure bisogna guardare avanti e guardarsi dentro e trovare una via d’uscita. Ecco uno degli aspetti speciali di questo romanzo.

            Un secondo aspetto speciale viene offerto dalla ricerca, attraverso le domande della vita e i tentativi di risposta della cultura, di ieri e di oggi, di individuare la chiave che apre ad un orizzonte di speranza, dove poter collocare il ritmo del tempo con i suoi vari momenti, la compagnia delle persone vicine e lontane, anche il loro ricordo, il significato da dare alle cose di cui disponiamo, del nostro lavoro, occupazionale e artistico.

            Un terzo aspetto speciale proviene dalla considerazione che questo romanzo attribuisce alla fede cristiana. Si chiede: che senso abbia credere in Dio e in colui che la fede cristiana chiama con rispetto e riconoscenza Figlio di Dio, non solo Gesù. Si chiede anche: come essa oggi possa venire ben compresa ed essere in grado di orientare con una forte e gioiosa decisione una scelta e una vita.

            E c’è un quarto aspetto speciale che a me ha particolarmente sorpresa e commossa. Molto famigliare. I personaggi sono reali, persone vive e concrete, di ieri e di oggi, seppure i loro nomi e i loro volti vanno oltre le minute rappresentazioni, mantenendo però vivo il rapporto con le vicende narrate. Di uno soprattutto. Dello zio don Pierluigi.

            Leggendo le bozze, e ringrazio don Giosuè per la delicatezza che ha avuto prima di dare alle stampe lo scritto, anche perché mi ha chiesto un parere sull’insieme, mi sono profondamente commossa. Non poteva che essere così. Il filo conduttore del romanzo va oltre le singole persone, ma lo zio emergeva, in una felice progressione, come il punto di riferimento a cui guadare per avviare una riflessione, da cui partire per aprirsi ad un orizzonte sempre più chiaro, tanto caro allo zio e, ovviamente, all’autore dello scritto. Mi sembrava di rivederlo, di risentirlo, di riabbracciarlo. Come se il suo sorriso, i suoi movimenti, le sue parole continuassero a farsi accanato.

            Di cuore ringrazio ancora don Giosuè e auguro a questo romanzo, per tanti motivi speciale, di portare nelle nostre case, nelle parrocchie, nelle scuole, là dove ci si ritrova per aiutarsi a capire il senso del nostro vivere sulla terra, in questo anno particolare segnato dall’epidemia e da tante domande, di contribuire a superare il momento della paura ed arrivare al momento del coraggio e dell’amore. Infatti, “Il contrario della paura non è il coraggio ma l’amore”, come lasciava scritto Elsa Treu nel suo diario, ritrovato fra le macerie della sua casa a Moggio, distrutta dal terremoto del Friuli del 6 maggio 1976, dove era risalita da Udine per terminare la sua tesi di laurea. Aveva solo venti tre anni e un grande amore per la vita.             

Lucia Roman

Il romanzo è reperibile presso “l’angolo del libro”, in chiesa, entrando sulla sinistra.

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